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Un metodo per il tempo corrente. Le lezioni americane di Calvino e il nostro star sospesi

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«Chi è ciascuno di noi se non una combinatoria di esperienze, di informazioni, di letture, di immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario di oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili» – cosi scrive Italo Calvino nelle sue “Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio – Le aveva scritte nel 1985  per degli incontri all’Università di Harvad e che non concluse, per la sopraggiunta morte. Le lettere furono poi  raccolte in un libro, a cura della moglie, e  uscito postumo.  Era stato l’amico Pietro Citati ad ispirare questo titolo.  Si tratta di un compendio  di suggerimenti  che offre, a chiunque abbia l’ardito compito di praticare la scrittura, le indicazioni per orientarsi nelle grandi trasformazioni che ha vissuto la lingua e nelle mutazioni che ha visto la letteratura negli ultimi decenni. No, nessuna lezione, non sono un docente di letteratura, ma par un buon esempio di applicazione alla nostra vita corrente. Per Calvino sono necessari testi brevi, immediati, che possono orientare il lettore verso una corretta comprensione del testo. Ogni lezione si intitola con un valore della letteratura che, secondo Calvino, deve mantenersi anche nel nuovo modo di «fare scrittura» – L’ordine delle lezioni non è casuale, ma segue una gerarchia decrescente: si comincia pertanto dalla caratteristica più importante, la leggerezza, e si procede con la rapidità, l’esattezza, la visibilità, la molteplicità e la coerenza (quest’ultima solo abbozzata).  Un metodo dunque, che a mio parere appare utile ed opportuno applicare al nostro tempo corrente.  “Nella vita pratica il tempo è una ricchezza di cui siamo avari; in letteratura, il tempo è una ricchezza di cui disporre con agio e distacco: non si tratta d’arrivare prima a un traguardo stabilito; al contrario l’economia di tempo è una buona cosa perché più tempo risparmiamo, più tempo potremo perdere”- cosi scrive Calvino. Negli ultimi giorni mi sono imbattuto in un interessante approfondimento sullo “Schema Theraphy”  ideato dallo psichiatra americano Jeffrey Young che affronta il cosiddetto schema maladattivo precoce. Se nell’ambiente in cui è cresciuto il bambino, i bisogni sono rimasti continuamente insoddisfatti , allora l’individuo svilupperà una valutazione negativa non solo dell’altro ma anche di sé. E’ in questo modo che nascono gli Schemi Maladattivi Precoci, schemi che andranno a permeare le future relazioni dell’individuo e a costituirsi quali fattori di mantenimento del disturbo nei pazienti difficili e con disturbi della personalità. Ora mi direte che non sono uno psicologo, è vero non lo sono, ma queste letture aiutano a fare delle riflessioni, che trasferisco a chi ha inteso sinora leggermi. Uno degli obiettivi della terapia, è rendere consapevole l’individuo di questi schemi e aiutarlo a sviluppare strategie per superarli. Mi viene in mente uno scettico di prim’ordine che coniò o meglio riprese il cosiddetto “giudizio sospeso”. Mi riferisco al greco Arcesilao che, nello scontro continuo contro gli stoici, affermava che “l’uomo non può riconoscere con sicurezza neppure la sua ignoranza”.   Una posizione a cui naturalmente gli stoici si opponevano: Se all’uomo è dato di avere solo opinioni allora tutta la sua vita sarà sottoposta all’incertezza poiché, se è vero che la conoscenza è la premessa dell’agire, col criterio della totale sospensione del giudizio ogni azione diveniva impossibile. Arcesilao tuttavia non rinunciava per questo alle sue convinzioni e rispondeva che la soluzione del problema della ricerca della vita felice era nell’applicare il criterio dell’εὔλογον (eulogon da eu, bene e logos, ragione) del “ragionevole”, nel senso che un comportamento accettabile è quello che una volta messo in atto, anche dopo l’epoché, può essere sostenuto e difeso come ispirato da una buona ragione, quella cioè plausibile. Una posizione molto diversa da Pirrone, cui Arcesilao si era ispirato per la sospensione del giudizio, che  invece affermava che la ricerca di una vita felice si deve tradurre nella rinuncia, nell’imperturbabilità e nell’impassibilità.  Non voglio trovare a forza,  una via di uscita da questa lunga e spero però non tediosa mia riflessione, e cosi mi avvio alle conclusioni, citando un film documentario che ho visto un paio di anni fa. Si intitola “Domani”.  un viaggio intorno al mondo alla ricerca di soluzioni efficaci per dimostrare che un futuro migliore è possibile e scritto dagli autori francesi Cyril Dion e Melanie Laurent . “Viviamo in un’epoca in cui nessuno si parla più, non ci si incontra, tutti si giudicano. Non c’è più empatia – cosi scrivono – Le iniziative raccontate nel film sono certamente promettenti ma potrebbero non bastare ad evitare il famoso crollo previsto in tanti studi. «Il nostro obiettivo non era quello di dare una risposta assoluta alla crisi, ma di raccontare una nuova storia», aggiunge Melanie Laurent. «Contribuire, nel nostro piccolo, a fare emergere una nuova cultura, nuove rappresentazioni del mondo. Dobbiamo cambiare l’immaginario. È sempre stato questo il compito degli artisti (e non solo loro): produrre libri, film, quadri, canzoni che descrivono queste trasformazioni».  Frasi emblematiche e non fintamente buoniste che spero siano preludio di altre riflessioni che come ormai sapete, cadenzo durante il mese. Alla prossima. Agostino Ingenito

  • La foto è estratta dalla mostra fotografica Pendulum curata dall’eclettico svizzero Urs Stahel – Fondazione Mast Bologna.

 

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